FILIPPO DI BORBONE
“Tra quegli stessi fiori, soffoca.” (Lucrezio)
Mi perdonate? Sicuro mi perdonate, voi. Perché voi siete buoni. Sono tutti tanto buoni con me e quindi mi perdonate sempre. Perché io non parlo tanto bene, non metto le cose al posto giusto, ecco. Perché sono distratto. Tutti hanno qualcosa di strano, diceva la mamma. Io sono distratto. Questa è la mia stranezza. Mi dimentico un verbo. Mi dimentico di finire una frase. Mi dimentico di cosa si stava parlando. Non che ne sia capace, di parlare. Anzi io spesso dico delle cose molto interessanti. La gente ride e si strugge quando ho genio di parlare. Ma poi mi passa, mi distraggo.
Oggi preferirei non distrarmi con voi, perché oggi è un giorno importante. È il compleanno di mio padre e io lo festeggio sempre il compleanno di mio padre. In questa casa bellissima che mi hanno fatto, me lo dicono sempre che è mia, che l’hanno fatta per me, lo aspetto ogni anno.
… a Giuseppe Canart, cioè ducati seicento per gasti del trasporto nella real villa di Portici delle colonne e pietre d’alabastro ritrovate in Gesualdo e ducati trecento per portarsi in Ravello a segare dal loro sito le due colonne di verde antico consegnate da quella chiesa cattedrale e trasportati in Portici…
Sono i particolari, comunque, a distrarmi. La bellezza regolare delle colonne. Ma come fanno ad essere tutte uguali? Come fanno ad essere perfettamente uguali, da lontano e da vicino? Non convenite, anche voi, che è di vitale importanza sapere esattamente quante esse siano? Perché se sono più di cento allora vuol dire che forse… Mi sto distraendo, scusatemi. Vi dicevo di oggi, del compleanno di mio padre. Me l’ha fatta costruire lui questa casa sapete? Non è mai finita. Ci costruiscono sempre intorno. È il mio svago preferito guardarli giocare con la terra e i vecchi sassi. Quello e la musica, è importante non dimenticarsi della musica.
Mio padre è il re. Questo lo dovete sapere tutti ed è la primissima cosa che mi hanno detto. Mi hanno detto “Filippo, tuo padre è il re. Questo è importante”. Io l’ho imparato, da subito. Da subito, perché sono bravo. Anche questo è importante. Dovete sapere, ma lo sapete già, che mio padre è un grande re. Ha costruito un sacco di cose: per ogni persona a cui voleva bene ha costruito una cosa.
…A Leopoldo de Gregorio ducati milletrecento e per esso alla cassa della Tesoreria generale, valore di cinquecento zecchini fiorentini per pagarsi all’architetto Vanvitelli per li disegni che ha fatti e presentati del palazzo che deve edificarsi nella città di Caserta
A me piaceva moltissimo tutto quel parlare di palazzi, di statue. Le statue, poi, sono così lisce, così buone, anche loro. Hanno la pazienza giusta per qualsiasi cosa. Specialmente quelle antiche, quelle tirate su dalla terra, sanno essere particolarmente pazienti. I disegni mi piacevano. I progetti di tutti quei regali. Case da costruire, palazzi di cristallo, fontane felici. Mio padre me li faceva vedere. Mi sollevava dalle costole fin sopra il tavolo e io potevo seguire quell’infinità di linee disegnate, senza stancarmi mai. Ad un certo punto smise di mostrarmi quelle cose. Perché mi incantavo, dicevano. Ripetevo quei numeri, ripetevo i quadrati delle stanze e i lunghi corridoi rettangolari. Avevo bisogno di vedere tutto, tutto l’insieme. Io non disegno bene, purtroppo. Sempre perché mi distraggo. Ma di quei disegni su Caserta, non ho mai visto Caserta, mi piaceva il fatto che fossero ordinati. Erano puliti e prevedibili. Erano buoni a farmeli vedere, i disegni. Non il palazzo che poi costruirono. Io avevo qui il mio personale, a Portici.
Poi c’era il bosco! Quel bellissimo bosco pieno d’erba verdissima. Niente è verde come l’erba quando ci corri sopra. Non fa nulla che poi ti gira la testa e che i suoni, tutte le voci ed i richiami, diventino risate incontenibili. Non si può non ridere forte quando il sole è così grande e le corse così spassose.
A Tomaso Trabucco ducati cinquecento e per esso a Santolo Cerrone, amministratore generale della villa di Capodimonte. E sono per le spese che occorreranno in quel bosco in maggio.
Mi sto distraendo di nuovo. Capodimonte l’ho visto. Le foglie erano aghi sottili e profumati, da lanciare in aria e in cui abbracciarsi. Mamma ancora mi teneva sulle gambe e mio padre, che poi è il re, ancora non mi guardava con quella strana faccia. Una faccia tutta tremante e soffice che non riusciva a ridere quando io ridevo, che non mi guardava più quando io lo guardavo. Solo ogni tanto, si avvicinava a dirmi, toccandomi la testa, che avevo bellissimi capelli biondi. E anche questo è vero ed è importante. Mio padre comunque è partito un giorno di ottobre. Doveva tornare non ricordo bene dove, però ricordo che il cielo era di un rosa soffice, da mordere, da mangiare. Nessuno era contento. Io non ero per niente contento di vederlo andare via. Anche se la sua faccia era cambiata, anche se non correva più insieme a me sotto tra gli alberi del bosco, desideravo restare con lui. Guardavo le vele diventare piccine e sentivo le mani grigie di un signore serio battermi le spalle, come a scrollarmi di dosso qualcosa di sporco.
…dalla generale tesoreria, a favore del marchese Tanucci, segretario di Stato di Sua Maestà…
Da quel momento le mie giornate sono state sempre meno divertenti. Meno piene di gente buona. Mio fratello non è buono come voi. Quando era piccolo e bianco non desideravo altro che abbracciarlo e alzarlo in aria per farlo ridere. Così potevamo ridere insieme. Era un buon modo per essere felici. Sono stato anche sgridato una volta per questo. Mi sgridarono tutti insieme, rossi come fragole. Per averlo stretto troppo, ma come si fa a dimostrare di essere tanto felici senza stringere le persone a cui vuoi bene? Poi lui è cresciuto, ha smesso di essere piccolo, bianco e simpatico. Ha iniziato a ridere da solo, parlandomi di un posto che nostro padre aveva costruito, una casa per i bambini soli e distratti, come me. Era un gioco stupido ripetermi che sarei finito lì dentro, che era quello il mio vero regalo. La cosa che nostro padre mi aveva lasciato. Ora, tanto, il re sarebbe stato lui. Lui e non io, aggiungeva. Ma io ero il re di quei bellissimi corridoi fatti di grigio cipolla e di verde estate e non li avrei mai cambiati con quelli di cui lui mi parlava. Io volevo stare a Portici, ad aspettare. Non all’Albergo dei poveri. Non ero povero io, mio padre era il Re. Questo è importante.
…riflettendo sempre l’alta mente della Maestà del Re Nostro Signore a servigio di Dio, ed all’utile e vantaggio dei suoi fedelissimi vassalli, avendo risoluto per uno dei maggiori benefici che potesse fare a questa fedelissima città, e Regno tutto, di costruire in essa a similitudine delle città più di Europa, un nuovo Albergo, per racchiudervi i poveri ed istruirvi la gioventù…
Non sono così divertenti i miei giorni qui. Ma mi piace tanto contare le colonne e correre mentre i suonatori mettono mano ai loro violini. Correre sentendo la loro musica, intorno al cortile o nelle sale più grandi e belle. Non è così divertente come potreste credere essere il figlio del re, non è neppure così facile stare attenti a non distrarsi. Quando qualcuno ti viene a trovare. Perché se ti distrai e non lo guardi bene, precisamente negli occhi poi lui non torna più. Basta inseguire un riflesso sul marmo. Basta ricordarsi di aver lasciato fuori posto uno dei miei orologi e tutto cade. Le parole non mi arrivano più alla bocca e io mi dimentico cosa si deve fare.
A Francesco Bovearlat ducati quarantasette e grana 20 e per esso a Luigi Bevillare mercante, per l’importo di un suo conto di merce, fiori di porcellana, ed altro venduto e consignato a sua moglie per servizio della maestà della regina nostra signora.
Sapete cosa si dovrebbe fare? Per dormire meglio, ad esempio. Giocare con i fiori di vetro bianco di mia madre. Ecco, questo è il mio consiglio. Stendetevi in un angolo dove la luce non arriva, mentre fuori qualcuno si impegna ancora ad alzare un muro, a tagliare una pianta e tenete tra le dita uno di quei fiori immobili. Non è bellissimo pensare che non crescerà? Non morirà? Come sono calme le candele su questi petali di latte. Così mi addormento, senza distrarmi, concentrandomi su quel riflesso rosa, rosa come quel cielo di ottobre. Rosa come sarà il giorno in cui mamma e papà torneranno a trovarmi. Uno di questi compleanni. Allora festeggeremo insieme tutti i compleanni in cui non ho saputo bene cosa dire, in cui non ho avuto la concentrazione di ascoltare le loro domande. Recupereremo tutto, lo festeggeremo insieme, tutti insieme. Con i miei fratelli, con quelli che sono re e quelli che sono distratti. Mi farò dire anche quante colonne ci sono intorno a questo cortile, lo chiederò a tutti e finalmente potrò capire, se le colonne sono uguali ovunque e per tutti. Se esiste un modo per guardarle diversamente.